In uno dei sondaggi proposti via newsletter vi abbiamo chiesto di esprimere le vostre preferenze per una particolare categoria di libri, in cui il pretesto narrativo è la “rinascita”, la “seconda possibilità” da offrire a un’esistenza che, per qualche motivo, sembra aver perso senso.
In questi libri, gli autori e i protagonisti sono mossi da un iniziale senso di smarrimento, di vuoto o di angoscia da cui però riemergono, tornando a gustare quei piccoli piaceri che danno letteralmente sapore, colore e significato alle giornate.


Ecco i risultati:
1. Il più votato:
Finchè il caffè è caldo di Toshikazu Kawaguchi – trovi la recensione subito sotto
2. Secondo posto:
Il ristorante dell’amore ritrovato di Ito Ogawa – recensione qui 
3. Last but not least:
Afrodita di Isabelle Allende – recensione qui

 

Abbiamo pensato a questi titoli proprio per riflettere sul fatto che durante la pandemia in molti abbiamo sperimentato una grande mancanza di senso.

 

Alcuni perché purtroppo si sono ammalati o, peggio, hanno perso davvero dei loro cari, e a queste persone vorremmo inviare tutto il conforto di cui siamo capaci, consapevoli del fatto che ogni dolore richiede lungo tempo per essere affrontato.

La maggioranza di noi però si è comunque ritrovata a dover rivoluzionare le proprie abitudini: gestire la famiglia tutta chiusa in casa, il lavoro da remoto, la didattica a distanza, la lontananza forzata da amici e familiari.

Molti hanno reagito cercando di infilare in quelle giornate almeno una nota positiva, dedicandosi a qualcosa che prima non avevano il tempo di coltivare, per esempio la passione per la cucina (tanti sono arrivati anche alle pagine di Unicorns eat Cookies proprio durante il primo lockdown!), in attesa di poter tornare a una qualche normalità. Ora quella normalità (o quasi) sembra riaffacciarsi, così, prima di voltare definitivamente pagina, ci serviamo della letteratura per un’ultima riflessione in proposito.

Cominciamo quindi con il titolo più recente, che ha avuto un grandissimo successo di pubblico e che è risultato in testa anche alle vostre preferenze:

Finché il caffè è caldo di Toshikazu Kawaguchi, diventato popolare in Italia nell’estate del 2020, grazie alla traduzione di Claudia Marseguerra per Garzanti.

 

Ambientato appunto in una caffetteria di Tokyo, che curiosamente si chiama Funiculì Funiculà, è il meno “gastronomico” di tutti, in termini di contenuti, ma anche probabilmente il più magico (e se vi piace, sappiate che è il primo di una serie, quindi sarete in buona compagnia per un po’! Il secondo, Basta un caffè per essere felici, è già nelle librerie.)

L’autore infatti non racconta di dolci o segreti culinari, ma solo di momenti importanti che si possono rivivere sorseggiando un caffè, secondo un rituale preciso, seduti ad un tavolino preciso e in un intervallo preciso di tempo: il caffè va bevuto lentamente ma non deve raffreddarsi, altrimenti l’opportunità di viaggiare nel tempo per rivedere per esempio una persona cara o dirle un’ultima cosa importante, viene meno.

Il libro si legge velocemente, come una favola: la scrittura è molto lineare, insiste sulle descrizioni della caffetteria e dei personaggi, senza grandi dissertazioni psicologiche (che qui, per semplice empatia e immedesimazione con i protagonisti, ognuno può intuire da sé).
Ciò che davvero conta è l’intreccio, le storie che si avvicendano attorno a quel tavolino, i motivi che portano le persone lì, la loro necessità di compiere ancora un gesto verso un familiare o un amante, potergli chiedere qualcosa, rispondere a qualcos’altro che si era lasciato in sospeso o solo dare un ultimo saluto, pur sapendo che questo non cambierà le circostanze della loro vita attuale, ma di sicuro le alleggerirà.
E, in fondo, a chi, a un certo punto dell’esistenza, anche solo l’idea di poter consumare un caffè così speciale, un caffè per recuperare le opportunità mancate, non suonerebbe di grande sollievo?
La cosa bella è che le buone idee si possono imitare, anche a casa propria: se ti va preparati un caffè e bevilo piano, mentre immagini di essere seduto con qualcuno, con la possibilità di risanare una relazione, o solo di trovarti in una situazione diversa, nel passato o nel futuro, che però ti faccia sentire bene.
I nostri neuroni non distinguono tra immaginazione e realtà e questo potrebbe procurarti emozioni anche forti, ma tu lascia solo che caffè caldo e dialogo immaginato ti regalino piccoli sorsi di felicità!

 

Rubrica a cura di

Katuscia Da Corte

Mi chiamo Katuscia Da Corte e mi occupo principalmente di comunicazione, lingua e apprendimento. Amo leggere e per un po’ ho collezionato, tra gli altri libri, ricettari, romanzi sulla cucina e saggi sulla gastronomia, perché mi piace tanto anche mangiare! Grazie a Nicole, recentemente ho ampliato anche la parte di pasticceria. Lei ed io ci siamo conosciute all’università, a Pordenone. Per un anno, da studentesse, abbiamo condiviso una camera che sembrava più un loculo di tre metri per tre: due brandine separate da un comodino, una mini scrivania, una sedia e un armadio che impediva alla porta di aprirsi del tutto.

Ma quello che davvero riempiva quella stanza erano le nostre risate insieme! Dopo la laurea, pur rimanendo sempre in contatto, ci siamo trasferite in regioni diverse. Io adoro viaggiare e scoprire posti nuovi, persone e culture differenti. Una di queste esplorazioni mi ha portato a Londra, città super interessante per animi curiosi come il mio, quindi ho dovuto trattenermi per sette anni! Ora sono di nuovo in Italia (mi mancava la nostra natura!), ma con Unicorns eat Cookies ogni giorno ho un pretesto per “tornare” un po’ nel Regno Unito.