In uno dei sondaggi proposti via newsletter vi abbiamo chiesto di esprimere le vostre preferenze per una particolare categoria di libri, in cui il pretesto narrativo è la “rinascita”, la “seconda possibilità” da offrire a un’esistenza che, per qualche motivo, sembra aver perso senso.
In questi libri, gli autori e i protagonisti sono mossi da un iniziale senso di smarrimento, di vuoto o di angoscia da cui però riemergono, tornando a gustare quei piccoli piaceri che danno letteralmente sapore, colore e significato alle giornate.


Ecco i risultati:
1. Il più votato:
Finché il caffè è caldo di Toshikazu Kawaguchi – recensione qui
2. Secondo posto:
Il ristorante dell’amore ritrovato di Ito Ogawa – recensione qui
3. Last but not least:
Afrodita di Isabelle Allende – e trovi la recensione proprio qui sotto!

 

Il primo titolo che mi era venuto in mente, per celebrare quest’idea rinascita generale, è Afrodita, di Isabelle Allende, pubblicato nel 1997, quando l’autrice, a tre anni dalla morte di sua figlia Paula, è tornata finalmente a sognare di “mangiare” e, come conseguenza, a scrivere.

Non solo del gusto, ma di ogni senso ritrovato. Righe inaspettate piene di umorismo e di gioia di vivere, come forse non si trovano in nessuno dei suoi romanzi.

 

Quest’inedita raccolta di ricette afrodisiache, è molto più di un manuale, ma un inno alla vita, ai suoi aspetti più primordiali forse, quelli che riguardano i nostri bisogni primari, perché assecondarli con amore e passione è ciò che ci rende, profondamente, umani.

Le pagine sono rivolte alle:


“persone che tirano avanti a fatica e pregano di nascosto, quelle come me e te, che improvvisano con le pignatte e tra le lenzuola, approfittando di ciò che è a portata di mano, senza pensarci troppo su e senza grandi sceneggiate, grate per i denti rimasti e per la fortuna immensa di avere ancora qualcuno da abbracciare.”

Ogni parola scelta è davvero preziosa, ogni capitolo “succosissimo”, anche perché la cuoca che ha avuto il compito di sperimentare l’audace ricettario prima di darlo alle stampe, è stata la madre di Isabelle Allende, allora già settantenne, in una bellissima danza di rimandi generazionali, tutta al femminile.

Ricordo ancora quando ho visto questo libro per la prima volta: avevo vent’anni e in quel periodo abitavo vicino a Treviso. Aiutavo una signora che aveva un negozio di dolciumi a occuparsi del suo bambino. Ogni pomeriggio lo andavo a prendere all’asilo e lo portavo a casa, facevamo merenda e poi ci inventavamo mille giochi e passeggiate nei dintorni, finché sua mamma non tornava dal lavoro.
A quel bambino, Jacopo, ho scattato moltissime fotografie in bianco e nero. Quando le sviluppavo (non c’era ancora il digitale!), lasciavo quelle particolarmente belle su una vetrinetta che c’era nel salotto di casa, in modo che potesse averle per ricordo anche sua mamma. Proprio su quel mobile, un pomeriggio ho visto una copia di Afrodita, con un bigliettino per me: “Katuscia, dacci un’occhiata, ti piacerà!”.
L’ho sfogliato e subito mi sono innamorata delle illustrazioni (è cosparso da bellissime immagini di satiri e ninfe, disegnati da Robert Shekter) e dell’idea: il cibo che va ben oltre le aspettative del palato ma opera in noi delle vere e proprie alchimie.

È stato l’inizio, il primo di una discreta collezione di volumi sull’argomento.

Rubrica a cura di

Katuscia Da Corte

Mi chiamo Katuscia Da Corte e mi occupo principalmente di comunicazione, lingua e apprendimento. Amo leggere e per un po’ ho collezionato, tra gli altri libri, ricettari, romanzi sulla cucina e saggi sulla gastronomia, perché mi piace tanto anche mangiare! Grazie a Nicole, recentemente ho ampliato anche la parte di pasticceria. Lei ed io ci siamo conosciute all’università, a Pordenone. Per un anno, da studentesse, abbiamo condiviso una camera che sembrava più un loculo di tre metri per tre: due brandine separate da un comodino, una mini scrivania, una sedia e un armadio che impediva alla porta di aprirsi del tutto.

Ma quello che davvero riempiva quella stanza erano le nostre risate insieme! Dopo la laurea, pur rimanendo sempre in contatto, ci siamo trasferite in regioni diverse. Io adoro viaggiare e scoprire posti nuovi, persone e culture differenti. Una di queste esplorazioni mi ha portato a Londra, città super interessante per animi curiosi come il mio, quindi ho dovuto trattenermi per sette anni! Ora sono di nuovo in Italia (mi mancava la nostra natura!), ma con Unicorns eat Cookies ogni giorno ho un pretesto per “tornare” un po’ nel Regno Unito.